Archivio della categoria: Memorie

29
gennaio
Foto di Luca Bruno

Foto di Luca Bruno

Mio padre era un marabout, ossia un guaritore: cercava di guarire i malati, le persone che soffrivano. Non riceveva soldi da questa attività. Nel mio villaggio c’erano anche i somà (degli stregoni animisti), persone che lanciavano delle maledizioni sulle altre persone, per farle star male, ovvero facevano il contrario di quello che faceva mio padre. I somà hanno iniziato a minacciarci perché volevano che mio padre smettesse di fare il marabout; lui non aveva nessuna intenzione di cedere alle loro minacce, ma nel 1999 si è ammalato gravemente e poi è morto. Continua a leggere

17
dicembre

Foto di Lai-momo, soc. cooperativaEcco alcune foto della serata di presentazione del libro Tutta la vita in un foglio – Memorie di richiedenti asilo, che si è tenuta lo scorso 10 dicembre presso Atelier Sì. Ringraziamo i numerosi partecipanti e vi invitiamo a leggere l’articolo del Redattore Sociale che ha intervistato Sandra Federici, curatrice della pubblicazione assieme a Elisabetta Degli Esposti Merli.

Foto di Lai-momo, soc. cooperativaFoto di Lai-momo, soc. cooperativa

9
dicembre

10363505_680143388766176_6723216798268570673_nDomani, mercoledì 10 dicembre, presso Atelier Sì, in via San Vitale 69 a Bologna, verrà presentata alle 18:00 la pubblicazione Tutta la vita in un foglio – Memorie di richiedenti asilo, una selezione di 53 memorie di richiedenti asilo transitati in Italia tra il 2011 e il 2014. Il volume ha lo scopo di mettere davanti agli occhi del lettore alcune storie individuali di persone che sono state costrette a lasciare il proprio Paese per fuggire a situazioni di pericolo per la propria esistenza. Continua a leggere

28
ottobre
Foto di Steve Evans

Foto di Steve Evans

Mio marito Y., prima di incontrarmi, ha lavorato nell’esercito sudanese con un contratto di tre anni come militare professionista, dopodiché ha aperto una piccola attività di lavorazione dell’alluminio. Nell’ottobre del 2005 ha ricevuto una lettera di convocazione dall’esercito per essere arruolato in Darfur, ma si è rifiutato di partire e da quel giorno sono iniziati i nostri problemi. È stato incarcerato moltissime volte, non ricordo nemmeno quante, perché colpevole di avere assunto un comportamento antinazionale. Oltre a incarcerarlo, lo hanno minacciato di morte e hanno sequestrato la piccola fabbrica di alluminio. Continua a leggere

21
agosto
Foto di nyhao

Foto di nyhao

È necessario spiegare che in Burkina Faso un uomo può chiedere alla famiglia di sua madre una donna da offrire in sposa a un suo nipote (figlio di un fratello). Mio zio trovò una donna della sua famiglia che accettò di proporsi come mia sposa. Io rifiutai perché non era mia intenzione sposarmi in quel momento. Mio zio accolse il mio rifiuto come un’offesa nei suoi confronti. Una mancanza di rispetto, un’umiliazione. Essendo lui il capofamiglia, fui cacciato di casa. Chiesi aiuto a mio padre, ma lui non era in grado di rendersi autonomo dalla famiglia e di costruirsi una casa dove trasferirsi con me e con mia madre, quindi mi diede dei soldi per partire. Durante il Ramadan del 2009 mi misi in viaggio per la Libia, dove erano già presenti alcuni parenti che lavoravano a Tripoli. Continua a leggere

6
agosto
Foto di Handirubvi Wakatama

Foto di Handirubvi Wakatama

Quando è cominciata la guerra i miei genitori mi avevano insegnato a essere sempre pronta a scappare. Un giorno sono tornata a casa e li ho trovati morti. Non sapevo dove andare, ero piccola e sola. Avevo 10 anni. Mi avevano lasciato il numero di uno zio con l’indicazione di chiamarlo in caso di bisogno e così mi sono rivolta a lui che mi ha presa a vivere con la sua famiglia. I problemi sono iniziati fin da subito: mi obbligava a vendere l’acqua dentro sacchetti di plastica, non mi faceva più andare a scuola e non mi dava le cure quando ero ammalata. Mio cugino mi vedeva soffrire e così un giorno ha rubato dei soldi a suo padre e me li ha dati dicendomi di andare via. Continua a leggere

17
luglio
Foto di Neil Moralee

Foto di Neil Moralee

Un giorno di “careme” (quaresima) ero stato invitato a casa di mia sorella e vidi suo marito che la picchiava. Io allora cercai di bloccarlo, intanto mia sorella prese un bastone e lo colpì alla testa, uccidendolo. Mia sorella riuscì a fuggire, ma io fui preso dai familiari di suo marito che mi reclusero dentro a una stanza. Nel mio villaggio la polizia non viene quasi mai chiamata, se si può ci si fa giustizia da soli. Ho ragione di credere che la famiglia di mio cognato mi volesse fare del male o addirittura che volesse uccidermi. Fortunatamente il fratello di mio cognato mi liberò di nascosto e mi portò con la sua moto fuori dal villaggio. Mi era molto amico perché andavamo a scuola assieme e mio padre ci dava sempre un po’ di soldi. Continua a leggere

11
luglio
Foto di Hailey E. Herrera

Foto di Hailey E. Herrera

In Ghana esistono dei re Asante, uno principale e altri minori (capi). Hanno degli schiavi che chiamano “sheeps” (pecore). Mia madre era una schiava. Alla morte di un re è consuetudine offrire in sacrificio alcuni schiavi perché vengano sepolti assieme a lui. Mia madre fu scelta per essere sacrificata, ma fu salvata da una regina che la vide particolarmente umile e s’impietosì. Poco dopo mia madre rimase incinta di me. Non so chi fosse mio padre. Mia madre morì quando avevo un anno e mezzo a causa di emorragie. È la donna che la salvò dal venire sacrificata che si occupò di me. Mi portò in una fattoria di sua proprietà. Fino ai quattordici anni rimasi lì, dove imparai a fare il carpentiere. A quel punto mi reclamarono come servo nel mio villaggio. Continua a leggere

20
giugno
Foto di Abdurahman Warsame

Foto di Abdurahman Warsame

In Somalia avevo un banchetto in cui vendevo tè su una strada di passaggio. Mia sorella mi aiutava lavorando con me di sera. Fino a che, nel 2008, un ragazzo del gruppo terrorista di Al-Shabaab mi ha intimato di chiudere il banchetto perché in quanto donna non mi era concesso di svolgere autonomamente un’attività commerciale a contatto con clienti, in particolare con uomini stranieri. Io ho ignorato quest’ordine e ho continuato a vendere tè, ma un giorno verso le otto di sera è arrivato un gruppo di uomini mascherati e armati; hanno dato fuoco al banchetto e c’è stata una sparatoria. Mia sorella è morta sul colpo, io sono rimasta gravemente ferita, tanto che mi hanno creduta morta. Fortunatamente dei ragazzi mi hanno portata all’ospedale dove sono stata ricoverata per 15 giorni; uno di loro mi è stato molto vicino durante il ricovero e quando sono uscita mi ha chiesto di sposarlo. Io ho accettato. Continua a leggere

13
giugno
Foto di frafra2009

Foto di frafra2009

Un giorno del 2009 al mio villaggio ci sono stati scontri molto violenti, la gente sparava e mio padre e mio fratello sono rimasti uccisi. Mi sono trovata da sola, non sapevo dove andare, non trovavo mia madre e gli altri miei fratelli. Ho incontrato una signora che mi ha detto di essere tornata dall’Europa per prestare il suo aiuto alla gente del villaggio dopo avere saputo quello che stava succedendo. Mi ha vista sconvolta e ha promesso che mi avrebbe portato in una città dove avrei potuto lavorare e avere una vita migliore. Mi ripeteva: “Piccola, non ci sono problemi; se sai accudire i bambini devi stare tranquilla, ti faccio lavorare come baby sitter”. Continua a leggere