28
ottobre

Un padre “disertore”, una famiglia in fuga

Foto di Steve Evans

Foto di Steve Evans

Mio marito Y., prima di incontrarmi, ha lavorato nell’esercito sudanese con un contratto di tre anni come militare professionista, dopodiché ha aperto una piccola attività di lavorazione dell’alluminio. Nell’ottobre del 2005 ha ricevuto una lettera di convocazione dall’esercito per essere arruolato in Darfur, ma si è rifiutato di partire e da quel giorno sono iniziati i nostri problemi. È stato incarcerato moltissime volte, non ricordo nemmeno quante, perché colpevole di avere assunto un comportamento antinazionale. Oltre a incarcerarlo, lo hanno minacciato di morte e hanno sequestrato la piccola fabbrica di alluminio.

Non eravamo sicuri in Sudan e così abbiamo pensato di trasferirci in Libia da mia madre e mia sorella. Siamo partiti nel febbraio del 2008, io avevo appena scoperto di essere incinta per la seconda volta. Abbiamo viaggiato per quindici giorni nascosti su un grande camion; il viaggio ci è costato circa 1 milione di sterline sudanesi a persona. Al confine con la Libia ci ha fermato la polizia, abbiamo dovuto attendere tre giorni, ma alla fine ci hanno lasciati andare. Dopo quindici giorni siamo arrivati a Tripoli e ci siamo recati a casa di mia madre e mia sorella. Intanto anche la famiglia di mio marito era scappata dal Sudan per ritorsioni nei loro confronti a causa della scelta di Y. di disertare.

Abbiamo vissuto circa sette mesi a Tripoli, ma dopo la nascita della nostra seconda figlia abbiamo deciso di trasferirci a N., una piccola cittadina sulle montagne. Lì mio marito ha ricominciato a lavorare nel settore dell’alluminio, prima come operaio e poi è riuscito ad aprire una piccola attività autonoma. In Libia era facile aprire una fabbrica, bastava possedere i macchinari.

All’inizio del 2011 però, con lo scoppio della guerra, N. è diventato un posto troppo pericoloso, così ci siamo trasferiti di nuovo a Tripoli da mia sorella e a luglio ci siamo imbarcati per scappare. Sulla barca c’erano tantissime persone, quasi 390. Siamo arrivati a Lampedusa dopo un giorno di viaggio. È stato molto faticoso per me che ero incinta e per i bambini. Eravamo seduti per terra e avevamo solo acqua e biscotti.

Richiedente asilo sudanese

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