8
agosto

Cibo, socialità e intercultura: il progetto di Cucine Popolari – Bologna social food

Cucine Popolari

Cibo, socialità e intercultura: a Bologna c’è un progetto che unisce con successo questi tre aspetti.

Inaugurata il 21 luglio 2015, quella di via del Battiferro è la prima “mensa” (definizione, come vedremo, un po’ limitata) del progetto Cucine Popolari, che adesso ne conta altre due, nei quartieri San Vitale/San Donato e Porto/Saragozza. Sono aperte tutto l’anno e si basano su lavoro interamente volontario. Sono, infatti, circa 200 le persone che si alternano in media per ogni servizio: c’è chi si occupa della cucina con la supervisione del cuoco e presidente Giovanni Melli, chi delle stoviglie, del magazzino e della sala, e così via. È aperta al pubblico dal lunedì al giovedì: oltre ad affiancarsi al welfare tradizionale, ci spiegano i realizzatori, l’obiettivo è promuovere lo sviluppo di relazioni sociali grazie alla convivialità del pasto. Per chi lo preferisce, poi, c’è anche la possibilità di portare il pasto a casa.

I volontari sono italiani e stranieri, di età varia: una di loro di anni ne ha 84, e una volta a settimana dà il suo energico contributo tra i fuochi e le padelle, e lo racconta con visibile orgoglio.
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Tra i volontari di Cucine Popolari ci sono anche quattro richiedenti asilo ospitati nel CAS (centro di accoglienza straordinaria) di Villa Angeli, gestito dalla cooperativa Lai-momo a Sasso Marconi. Moajjen è uno di loro, arrivato in Italia dal Bangladesh quasi due anni fa. È volontario da circa 4 mesi, i primi due passati come lavapiatti, e più recentemente è stato promosso come aiuto cuoco in cucina. Sorride molto, e ci tiene a presentarci tutti i suoi “colleghi” italiani che chiama a scattare una foto di gruppo.

Viene dal Mali invece Mahamadou che ci dice, con una semplicità e pacatezza disarmanti,: “mi piace l’idea di aiutare gli altri, perché io sono stato e sono ancora aiutato”. Per ora offre il suo contributo come lavapiatti due volte a settimana, ma gli piacerebbe, più avanti, dare anche una mano in cucina. Per Omar, originario del Senegal, l’esperienza a Cucine Popolari ha rappresentato e rappresenta tuttora anche un’occasione per perfezionare il suo italiano: ha iniziato ad esprimersi meglio proprio grazie a questa esperienza di volontariato, ci racconta. Anche James, che ha iniziato in giugno ed è originario della Liberia, sta trovando presso Cucine Popolari un’occasione di formazione e crescita.
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Giovanni Melli è cuoco e presidente di Civibo, l’associazione che ha dato vita al progetto.
Così ne spiega le finalità: «Il nostro orientamento è di non caratterizzarci come mense esclusivamente per i poveri, ma per la comunità, aperte, quindi, anche a chi vuole mangiare, lasciando un contributo. Il nostro target di riferimento è costituito principalmente da persone in stato di fragilità e disagio, in quanto i casi di povertà estrema sono già seguiti dagli enti assistenziali». L’obiettivo ambizioso – e il vero spirito di Cucine Popolari – è quindi di fornire non solo un pasto, ma anche un argine alla solitudine e all’abbandono sociale, nella consapevolezza che «uno degli alimenti che più scarseggiano oggi è proprio la rete di relazioni».
Giovanni ha un passato da infermiere professionale, anni di esperienza nel sindacato e una grande passione – ma questo si poteva intuire – per la cucina. La sua zuppa di farro e legumi è davvero gustosa (n.d.a.), mentre la caponata di verdure richiede un bis doveroso. Per la gestione di Cucine Popolari, Civibo si affida principalmente a risorse proprie e donazioni private, ma attinge anche ai reparti di gastronomia dei supermercati che mettono a disposizione gli eccessi di cibo di fine giornata, contribuendo in questo modo a ridurre gli sprechi alimentari. Ogni giorno si prepara un pasto completo di tutto rispetto: primo, secondo, contorno, frutta e dolce, che soddisfa i gusti di tutti.
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Alla fine di ogni “pranzo popolare”, i volontari si riuniscono tutti intorno a una lunga tavolata per mangiare: è un momento importante di condivisione e confronto, al quale è importante essere tutti presenti. L’impegno quotidiano è circa dalle 9 del mattino alle 14.30 del pomeriggio: Pasquale Loreto, referente di Cucine Popolari per i richiedenti asilo e i lavoratori di pubblica utilità, ci spiega quanto sia fondamentale la puntualità e l’affidabilità per poter contribuire come volontari: non si tratta, pertanto, di un impegno da prendere sottogamba.

Ma chi siede ai tavoli di Cucine Popolari? I commensali sono in gran parte italiani, per lo più anziani soli o persone in situazione di disagio sociale, e c’è anche qualche famiglia al completo. Quella che viene a crearsi non è un’atmosfera da mensa, ma più da pranzo di famiglia, con tavoli da 6 posti attorno ai quali si riuniscono gruppi formatisi spontaneamente, e che spesso altrettanto spontaneamente si ritrovano. Condivisione, convivialità, dialogo interculturale: varie dimensioni dello stare insieme si intrecciano tra i tavoli e i fornelli delle Cucine Popolari.

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